PROLOGO: Palazzo delle Nazioni Unite, New York

 

Nell’ufficio del Segretario Generale delle Nazioni Unite, un frusciare di carte segnò la fine di quella riunione.

“Mi sembra un accordo equo, Comandante Stone,” disse Kofi Annan, togliendosi gli occhiali. “Revocheremo le nostre riserve sul possesso e l’utilizzo del super-robot Mazinkaiser in cambio di un vostro impegno come collaboratori nelle regioni calde del continente Africano.”

Dallo schermo piatto del terminale, David Stone annuì. “La ringrazio, Signor Segretario. Ci impegneremo al massimo per soddisfare le vostre aspettative, senza infrangere le regole di ingaggio che avete indicato.”

“Ci conto, Comandante. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di un’escalation della guerra civile in Congo. Per ora, dovrete solo proteggere i convogli della Vizer per la distribuzione dei farmaci alla popolazione, nonché quelli del cibo e dell’acqua.”

“Non la deluderemo, Signore.” Lo schermo si spense.

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 22 – Solo un’altra Giornata di Lavoro

 

 

Stone voltò lo sguardo sugli altri presenti alla riunione:

Ø      Capitan Ultra, capo operativo dei Campioni, un uomo investito di un potere divino.

Ø      Psychlone, il potente telecineta,

Ø      Hrimhari, il dio-lupo Asgardiano,

Ø      Sundown, l’uomo fotogenetico, supercriminale redento,

Ø      Ember, il protettore dei Dudak, per ora associato alla squadra

Ø      Spirale, la misteriosa e letale ex-serva del folle Mojo,

Ø      Robert Takiguchi, il giovane pilota del Mazinkaiser, appena rientrato dopo una lunga assenza[i].

 

“Signori, non mi sembra ci sia altro da aggiungere. Fortunatamente, con il Mazinkaiser di nuovo fra le nostre fila, potremo contare su un deterrente sufficiente ad impedire eventuali attacchi da parte delle armate ostili. La nostra fanteria meccanica si occuperà della prima linea di scorta. Voi sarete la difesa contro la guerriglia e gli eventuali paranormali. Non osate aprire le ostilità se non aggrediti. Potrete intervenire in un combattimento in corso solo se saranno le milizie congolesi o i loro alleati dell’Angola, dello Zimbabwa, della Namibia o dell’Interhamwes ad essere aggrediti. Che vi piaccia o no.” Dal modo in cui lo disse, era chiaro che a lui stesso non piaceva un accidente –il Presidente Congolese Kabila era tutt’altro che una figura pulita…ma era anche lui a decidere chi e come dovesse muoversi per il suo territorio, e milioni di persone avevano bisogno di quel materiale…

E intanto, Kabila ne avrebbe guadagnato una gran pubblicità positiva!

Stone continuò a parlare. “Il nostro referente e supervisore sarà Afya Aza, il Direttore della sezione Centromeridionale Africana dello SHIELD, con base in Kenya. E ricordate: quella ci terrà d’occhio come un’aquila. Siete super eroi, ma per una volta tanto fate i bravi bambini. Chiaro?” Gli rispose un coro di assensi muti.

Stone lanciò loro un’ultima occhiata diffidente, poi si rivolse a Spirale. “Prima che si cominci, credo che una delle nostre più recenti acquisizioni ci debba qualche spiegazione. Anche se Alexander Thran in persona garantisce per lei, vorrei sapere come è giunto a tale decisione, visto che il comando di questa baracca spetta a me, in assenza del Dottor Giapeto[ii].”

Spirale annuì. “Per quanto possa sembrare banale, sono un clone dell’originale Spirale…o meglio, una copia di back-up.

“Il fatto è che il mio ex-padrone, Mojo, era stato talmente soddisfatto dal successo dell’originale modello, da volersi assicurare che io fossi disponibile anche in caso di distruzione. E creò me, lasciandomi in stasi fino a quel possibile momento.

“Non so cosa sia andato storto nei meccanismi di animazione sospesa, ma so di essermi svegliata…e di possedere la mia personalità originale, quella di Rita Ricochet, prima di diventare Spirale.” Un ologramma si accese al centro del tavolo, mostrando la donna in questione, una giovane umana dai capelli neri e con indosso un’uniforme grigia militare, e un sorriso spavaldo sul volto.

Stone annuì: gli archivi di Thran erano un tesoro di informazioni, e la storia coincideva con quanto si sapeva fino ad ora della mutante-cyborg. La ‘vera’ Spirale era diventata uccel di bosco dopo l’affare ‘Alba Cremisi’, e quella presente era effettivamente libera dal marchio mistico[iii]

“E come mai hai scelto di chiedere aiuto proprio a Thran?” chiese Capitan Ultra.

“E’ stato lui a contattarmi,” fu la fredda risposta.

Stone si alzò in piedi. Si rimise il berretto. “Non avendo ragione di dubitare del buon senso del nostro maggiore finanziatore, per ora accetterò come buone le tue spiegazioni, Spirale. Si entra in azione fra un’ora.”

 

Le porte si aprirono, e il gruppo uscì nel corridoio.

Hrimhari pose una mano sulla spalla di Robert. “Siamo davvero felici che tu sia tornato, alfine. Possa il tuo cuore essere saldo, per il futuro.”

Robert annuì. “Ammetto che non è stata una decisione facile…ma ho capito che abbandonando il mio dovere, avrei fatto anche peggio. Mi dispiace di avervi lasciato nel momento del bisogno…” dicendo ciò, si fermò e fece un profondo inchino.

“Tranquillo, avrai modo di pentirti di essere ritornato,” disse allegramente Dave Martin, Psychlone.

 

In una stanza dell’infermeria, su un letto, immersa in un sonno profondo, giaceva una bambina. Sette anni, così minuta e smagrita che un soffio di vento avrebbe potuto spezzarla in due. Il suo era un sonno da sedativi. Il suo corpo doveva riposare il più possibile mentre i trattamenti usati per curarla facevano gradatamente effetto. Fili di fleboclisi spuntavano come un sistema venoso esterno dalle sue carni. Un polmone artificiale regolava il suo respiro con un leggero ronzio. Un concerto di schermi mostrava radiografie del suo sistema circolatorio e muscolare, di ogni valore biometrico…

Seduto accanto al letto, intento a tenere la mano della creaturina di colore era un armadio d’uomo: suo padre, Terrance Sorenson.

Da quando la piccola Janet era stata portata qui, lui non aveva pronunciato parola. Le era stato vicino ogni momento, senza dormire un attimo, parlando solo per minacciare di morte chiunque gli impedisse di stare al suo capezzale.

Era colpa sua. Non aveva mai fatto abbastanza, per lei, non le era mai stato vicino a sufficienza, l’aveva praticamente servita in mano a quel demonio di sua madre! E ai degni genitori di lei, si ricordò. Appena fosse riuscito a mettere loro le mani addosso, avrebbe insegnato loro due o tre cose sugli abusi…

Schegge di ghiaccio apparvero sulla pelle della sua mano, e piccole lingue di fiamme danzarono sul ghiaccio. Terry fece un profondo respiro, e riprese il controllo di sé.

In quel momento, la porta si aprì. Seguirono i passi metallici di Capitan Ultra. “Terry..?”

Lui non voltò neppure la testa. “Di cosa si tratta?”

Cap glielo spiegò. Quando ebbe finito, l’uomo di colore, con lo stesso tono monocorde, disse, “Contate su di me.”

“Non sei costretto a venire…”

“E’ buffo come certe cose uno le oda sui media, ma di fatto ne sia anestetizzato, vero? I bambini-soldato, i bambini profughi, famiglie spezzate per la sola colpa di trovarsi entro una data barricata.

“Noi guardiamo, leggiamo, commentiamo indignati, ma alla fine torniamo al nostro bravo grigiore quotidiano. Poi questi orrori ci arrivano addosso, ci coinvolgono, e improvvisamente sono i nostri orrori.”

“…”

Terrance lasciò andare la mano di sua figlia. Si voltò verso l’eroe. “Non possiamo salvare il mondo, questo lo posso accettare…ma, perdio, posso fare la mia parte, e farla bene. Siamo gli eroi dell’uomo comune? Allora dimostrerò di meritare questo titolo. E al diavolo la burocrazia.”

Capitan Ultra gli sorrise. “Questo è lo spirito…ma ricorda ugualmente quali sono i nostri limiti.”

Terry scorse la sfumatura sarcastica di quell’espressione. E sorrise a sua volta…

 

Robert si diresse all’hangar usando una delle ‘cabine’ che correvano su binari magnetici.

Non aveva mentito ai suoi compagni: era determinato ad andare avanti fino a quando lo Zilnawa avesse avuto bisogno di lui. Sfuggire alle sue responsabilità era stato un disonore, e per questo altra gente che si fidava di lui aveva pagato. Non sarebbe successo di nuovo, non fin quando avesse potuto impedirlo!

La cabina oltrepassò la soglia, entrando nell’enorme locale che ospitava e provvedeva alla manutenzione di Mazinkaiser. Il titano dalla corazza nera e bianca era sdraiato sulla rampa di lancio, accudito da un esercito di operai umani e di automi-droni. C’era un rumore assordante di cantiere.

La cabina si fermò all’altezza del cranio. Robert scese e si diresse verso il robot; da quando era tornato, non aveva avuto che poche ore per un po’ di riposo e rifocillarsi, poi c’era stato il briefing.

Si mise il casco. Per te, Phoenix. Per te, Alana!

 

Il binocolo inquadrò il cielo assolato…ed eccola lì, la superfortezza volante dello Zilnawa.

La donna in uniforme blu e bianca abbassò lo strumento. “Meno male che sono dei buoni…” Si diede una pacca sulla coscia, per poi voltarsi verso il gruppo di persone in abiti civili –uomini e donne, tutti volontari delle più svariate organizzazioni umanitarie di mezzo mondo. I loro camion, quaranta in tutto, portavano risorse preziose come l’oro. Era uno dei convogli più grandi mai organizzati, e non doveva esserci neppure una perdita.

“Signori,” disse Afya Aza, “pronti a mettersi in marcia. Dovrebbe essere una passeggiata, da questo momento.” Pur senza megafono, la voce della donna riuscì a giungere alle orecchie di tutti. Afya non era esattamente un esemplare di ‘femminilità’, non se per tale parola si intendeva una donna bella e delicata.

Aza era nativa Keniota, una donna forte, il fisico accuratamente allenato per essere veloce, letale ed efficiente. I suoi capelli erano sempre ridotti a poco più di un velo nero. Il suo volto doveva essere quello di un giudice severo, non di una creatura svenevole. Se aveva delle debolezze, Afya era bene attenta a non lasciarle trapelare.

Il Direttore Locale dello SHIELD si mise seduta nella jeep di testa del convoglio. Insieme a lei c’erano altri due agenti, uno al suo fianco e l’altro allo speciale cannoncino nel vano posteriore.

Afya lanciò una breve occhiata ai camion che sapeva trasportare i medicinali della Vizer: là dentro non c’erano certo aspirine, e i banditi avrebbero volentieri fatto un macello per impadronirsene e venderle al mercato nero a peso d’oro…

Almeno, per una volta, questi scazzottatori in spandex si potevano rivelare utili per qualcosa di veramente serio…

Il rombo dei motori annunciò la discesa delle piattaforme mobili. Ce n’era un intero sciame, e in mezzo ad esse volava Mazinkaiser…ecco, la vista di quella macchina le faceva venire i brividi per davvero.

Le piattaforme, dieci in tutte, atterrarono a debita distanza dal convoglio. I loro musi si aprirono, e ne uscirono piccoli hovertank scintillanti, che si muovevano con un delicato ronzio. Subito dopo i tank, uscirono i robot: soldati meccanici cromati armati fino ai denti, con i volti completamente piatti, senza occhi o bocca visibili.

Le macchine si disposero in un cerchio serrato intorno al convoglio.

Mazinkaiser atterrò alla testa del convoglio. La sua manovra generò una mostruosa nube di polvere, nonché un piccolo terremoto.

“Splendida esibizione,” disse Afya fra un colpo di tosse e l’altro. Adesso la sua uniforme aveva assunto una patina color terriccio. “Vogliamo cercare di muoverci, adesso, branco di esibizionisti?”

L’X-101 arrivò pochi istanti dopo. I Campioni scesero in colonna.

Capitan Ultra fece un cenno alla donna. “Scusi il ritardo, Direttore: il tempo di metterci in formazione e siamo pronti!”

Lei sollevò gli occhi al cielo -se almeno avesse potuto averli sotto le sue mani per un paio di settimane, avrebbe raddrizzato loro la schiena eccome!

Ultra si involò verso nord. Equinox verso Est, Sundown ad ovest. Ember si diresse nell’area a sud del convoglio. Spirale, Psychlone e Hrimhari presero posto ognuno in un camion, in una scelta casuale.

Afya sollevò un braccio. “OK, si va!”

Mazinkaiser iniziò a camminare. Il convoglio lo seguì a ruota. Dietro di loro, le piattaforme chiusero i portelli e decollarono verso la nave-madre.

 

Dalla sala comando dello StarGlider, Stone, le braccia incrociate al petto, osservava soddisfatto la marcia della speranza.

“E speriamo che per una volta le cose filino lisce…” mormorò. Nessuno lo vide incrociare le dita.

 

“Il nostro obiettivo si trova a 81.3 chilometri da qui,” stava dicendo Afya alla radio. “Si tratta di un tratto estremamente insidioso, che attraversa una giungla fitta come le promesse di una campagna elettorale. Un luogo ideale per gli agguati.

“Di solito usiamo il percorso più sicuro, ma più lungo…ma c’è una sospetta epidemia di febbre emorragica in corso, in quell’area, e i farmaci della Vizer sono la sola arma efficace…”

“E allora perché non li avete trasbordati sull’SG-1000?” chiese Robert. “A quest’ora, sarebbero già lì.”

“Niente di più vero…ma è stato esplicito volere del Presidente Kabila di avere un convoglio umanitario, ed è quello che l’ONU gli darà.”

 

A bordo di uno dei camion, un ragazzo dall’accento francese, che non avrà avuto più di venti anni guardò Hrimhari con curiosità. “Quello non è un costume, vero?”

Il lupo antropoide rispose con un sorriso. “Invero no, giovane coraggioso.”

“Uhm…merci…credo.”

Il sorriso lasciò posto ad un’espressione carica di rispetto. “Nonostante la tua età, sei giunto in un territorio a te non familiare, e stai rischiando la tua vita in una difficile missione. Hai il coraggio di un eroe.”

Il ragazzo si grattò la nuca. “No, no! È che sono degno figlio di mio padre.” Indicò con il pollice la cabina di guida. “Lui è dei Medici senza Frontiere, e vuole che mi faccia un po’ le ossa sul campo.” Improvvisamente, si fece triste. “La mia gente ha fatto la sua parte per rovinare i nativi. Io sono Belga…”

“E io sono Asgadiano; il mio mondo è lontano dal tuo più di quanto immagini. E vedo in te un mortale coraggioso, non importa da dove venga.”

In quel momento, il convoglio rallentò. “Credo che siamo arrivati al ponte,” disse il ragazzo.

 

E così era: la fanteria robotica si divise in due gruppi, uno in testa ed un in coda al convoglio. Ricevuta dalla base la conferma che non c’erano esplosivi in attesa, o difetti di tenuta, ci si rimise in marcia in una colonna serrata.

Mazinkaiser aspettò che fossero tutti giunti dall’altra parte, prima di estendere il proprio jetpack e volare dall’altra parte del fiume.

 

Circa un’ora dopo, la colonna si muoveva ora in mezzo ad un fitto fogliame.

Robert sbadigliò fragorosamente -c’era da dire che si era aspettato qualcosa di più avventuroso dal suo ritorno in azione. Qui c’era da morire di noia!

Davanti a lui, un monitor mostrava radiografie ‘istantanee’ del suolo. Se ci fosse stato qualcosa di pericoloso fino ad un metro di profondità, sarebbe stato rilevato… “Hm?”

Un segnale di allarme venne dal monitor. La radiografia mostrava una lunga teoria di punti intermittenti.

Robert si accigliò. “Lo vedete anche voi, base?”

 

Stone annuì. “Mine antiuomo ed anticarro. Abbastanza per azzoppare un battaglione.” Una finestra mostrava i vari modelli, comparandoli con un dettagliato database. Un’altra mostrava la lunghezza della pista: cinquecento metri. “Procedi pure alla bonifica. Direttore..?”

 

“Non sono sorda,” disse la donna. Il convoglio si stava completamente fermando. “I supertosti siete voi, guadagnatevi la paga.”

 

Robert si crocchiò le mani come un pianista, prima di afferrare i comandi. “Tappatevi le orecchie, gente.”

“KOSHIRYOUK BEAM!” Gli occhi di Mazinkaiser si accesero. Da essi partirono due raggi abbaglianti. Come colpirono il suolo, fecero esplodere le mine una dietro l’altra, sollevando colonne di fuoco e polvere. Presto l’intero percorso fu avvolto da una fitta coltre.

 

Stone si accigliò. “Ma che diamine..?”

Decisamente c’era qualcosa che non andava. Le esplosioni non avrebbero dovuto sollevare una simile quantità d polvere… “Takiguchi, rispondi.”

Dall’altoparlante giunsero solo scariche. Una finestra mostrò la perdita di contatti con tutte le unità di fanteria robotica.

Stone serrò la mascella.

 

Robert sobbalzò, quando il robot iniziò a cadere in avanti!

Nani..?” manovrò freneticamente i comandi.

Mazinkaiser si appoggiò sulle mani. Il robot era in ginocchio, avvolto fino alla vita dalla nebbia.

“Che sta succedendo?! Capitano? Capitano, mi senti??” gli strumenti stavano impazzendo uno dopo l’altro. Il robot stava andando in blackout! “Ma come è possibile? Cosa è questa nebbia?! Argh!”

Dopo le gambe, Mazinkaiser perse anche la mobilità delle braccia. Cadde in avanti, immergendosi del tutto nella nebbia. E da quel momento, non si mosse più.

 

“Direttore Aza, mi sente? Direttore? Campioni, rispondete!” Ultra quasi si ticchettò la gola. Il colorato eroe era sospeso sopra la nube immobile. Usò l’ultravista per sondare quel fenomeno… “Gente, credo che dobbiamo aspettarci un attacco del nemico a breve.”

“Ricevuto,” risposero a turno Ember, Equinox e Sundown.

Non sapevano quanto avevano ragione! In quel momento, una pioggia di meteore infuocate cadde dal cielo: ognuna di esse colpì infallibilmente gli eroi, spingendoli verso terra, dentro la nube.

 

Quartier Generale dello Stato, località sconosciuta

 

L’uomo era caucasico, i capelli biondi tagliati a spazzola, cortissimi ma lunghi in nuca, dove si trasformavano in un codino annodato fino alla schiena come uno scudiscio. Il volto sembrava tagliato con l’accetta, con due occhi grigio metallico, naso Patrizio e la fronte alta. La figura indossava una specie di misto fra un abito civile di lusso, con tanto di colletto e maniche a sbuffo, e uniforme militare kaki. La sua voce era priva di ogni accento, arrogante, di un uomo abituato a farsi obbedire con le buone o le cattive.

“Perfetto, semplicemente perfetto,” disse il Barone Maximillian von Staar, annuendo alle immagini sullo schermo. “Squadra Summon, aspettate qualche istante affinché l’Agente Elektro faccia il suo lavoro anche su questi idioti. Dopo, manderemo in campo le nostre unità a prelevare i Campioni ed i loro soldatini di latta.”

Sì, tutto andava come previsto: l’agente biologico interferiva con l’attività tanto dei circuiti elettronici quanto con quella del sistema nervoso centrale. Non ci sarebbe stato un solo sopravvissuto fra i civili. Quanto agli eroi, sarebbero stati a malapena in grado di reggersi in piedi, e sarebbero stati facili vittime della Squadra Summon.

Ma, cosa che più importava, i robot dello Zilnawa sarebbero finalmente appartenuti allo Stato! Da quegli esemplari, avrebbero presto ricavato un esercito invincibile! Niente male davvero, considerando che aveva avuto un preavviso molto scarno per organizzare quella trappola. I burattini nel governo Congolese si erano meritati la loro ricompensa per avere fatto la loro parte in merito al convoglio umanitario!

Il Barone osservò l’orologio al polso. “Direi che è passato abbastanza tempo. Rimuovete la nube. Truppe meccanizzate, pronte al recupero.”

 

Quattro figure apparvero nell’aria. Quattro figure, due maschili e due femminili, vestite con un costume integrale bianco, attraversato da una striscia scarlatta che correva lungo il fianco sinistro. I loro volti erano coperti da maschere senza aperture, con una sola lente a specchio all’altezza dell’occhio sinistro. Dalla giungla si levarono enormi elicotteri ed aerei VTOL. Una colonna di cinque camion uscì allo scoperto: a loro sarebbe toccato il compito di recuperare le merci, mentre gli altri mezzi avrebbero portato via Mazinkaiser, i robot ed i super-esseri.

Il super-quartetto al servizio dello Stato si dispose in volo ai quattro punti cardinali della nube. Sollevarono le mani, ed i loro palmi brillarono.

La nube scomparve in un bagliore di teletrasporto.

 

Il sorriso di Von Staar scese come un soufflè!

“No…”

 

“RUST TORNADO!” il triplice getto ciclonico colpì in pieno i veicoli, trasformandoli all’istante in polvere.

Il super-robot, da sdraiato sulla schiena che era, si rialzò in piedi. Voltò la testa all’indirizzo dei camion nemici. “KOSHIRYOUK BEAM!”

 

Era avvenuto così in fretta da lasciare sbilanciati gli assalitori. La Squadra finalmente si decise a reagire. Mentre i camion venivano inceneriti, sollevarono i palmi, puntandoli all’indirizzo di Mazinkaiser…

Una mano guantata di arancione picchiettò sulla spalla di una delle donne. “*ahem* Di solito non è mia abitudine prendersela con le signore.”

Lei voltò la testa.

Capitan Ultra le diede un gancio maiuscolo, mandandola a razzo verso terra! “Ma farò volentieri un’eccezione per voi!

La seconda donna della Squadra si trovò avvolta da un torrente di fiamme venuto dalle sue spalle! Il suo corpo semicarbonizzato precipitò inerte verso terra.

Equinox si voltò a guardare verso Sundown, intento a cercare di colpire uno degli ultimi due sopravvissuti. Questa volta, però, il nemico era pronto: l’uomo si stava difendendo con un ampio scudo che defletteva le scariche fotoniche dell’eroe.

Il quarto, pure armato di scudo e spada, non se la stava cavando male contro Ember. Il campione dei Dudak stava sferrando colpi con i suoi artigli di energia, solo per venire regolarmente parato dall’avversario. In compenso, questi non sembrava in grado di colpire l’agile eroe…e non c’era da stupirsi: il nemico naturale di Ember, lo Sloreno Volkkhy, era stato un maestro della spada!

Il Summon era un individuo agile a sua volta, determinato. Il suo attacco sembrava instancabile, ed addirittura avanzava. A un simile ritmo, Ember avrebbe finito col cedere…

Uno scintillare di lame! Poi le suddette, due katana cromate, si infilarono nel petto del Summon!

…se Ember fosse stato davvero debole come aveva voluto fare credere. Il Dudak sorrise alla vista del corpo nemico irrigidirsi negli spasmi della morte servita da Spirale.

 

Continuando ad emettere scariche di energia, Sundown aveva finito con l’avvicinarsi a sufficienza al suo nemico. Usando il proprio potere di conversione della luce in bioplasma, il Campione disponeva di una riserva di energia virtualmente illimitata.

Lo scienziato sotto la maschera non sapeva quanto a lungo avrebbe potuto continuare a darci dentro, prima di violare le difese del nemico…ma non importava. Attingendo ad un’altra sfaccettatura del suo potere, crebbe improvvisamente di diversi metri! Il pugno che diede al Summon fu sufficiente a spezzare diverse ossa, mentre il corpo volava via!

 

Se non fosse stato un atteggiamento poco decoroso a vedersi, Von Staar si sarebbe messo le mani nei capelli: in qualche modo, quei maledetti eroi erano riusciti a proteggersi dall’agente biologico!

“Fate ritirare quegli imbecilli, prima che decidano di tenerseli per interrogarli!” il Barone serrò i pugni. “Ma non finisce qui, Campioni: oggi era solo un assaggio di quello che vi aspetta!”

 

Sullo schermo, il convoglio ripartì.

Stone si concesse un sorriso di soddisfazione. Tutto era andato per il verso giusto, secondo le informazioni degli infiltrati del Popolo! Spirale aveva predisposto un incantesimo che aveva neutralizzato l’agente biologico, e ora che il nemico si era rivelato, si sarebbero potute organizzare strategie adatte a fronteggiarlo…



[i] Spiegazioni su MARVELIT SPOTLIGHT #1

[ii] Intrappolato nello Zilnawa isolato a causa dell’epidemia di Ultronia Pestis

[iii] E quello che neanche Thran sa, è che l’originale Spirale è a sua volta libera dal marchio dalla miniserie ARCANGELO